Il punto settimanale di Carlo Vedani – AD di Alicanto Capital SGR – sulla situazione dei mercati finanziari.

Giorni tranquilli per le Borse europee, che veleggiano in un trading range sul lato alto. Domina la cautela sugli avvenimenti internazionali, a iniziare dagli appuntamenti di domani, giovedì 18 luglio (con il voto di fiducia Ue sulla Commissione von der Leyen bis e la riunione della Bce sui tassi) e a proseguire con la risoluzione del difficile rebus sul nuovo governo francese. I mercati attendono queste scadenze, ma soprattutto la nuova stagione degli utili, che ingenera un’ondata di speranza e di ottimismo.

Attentato a Trump, le reazioni

Eppure, l’economia mondiale ha corso un pericolo molto forte. Se il proiettile che ha ferito Donald Trump lo avesse colpito in modo più grave, causandogli danni maggiori o addirittura mettendo a rischio la sua vita, la reazione dei cittadini americani sarebbe stata difficile da prevedere, forse drammatica. E avrebbe potuto causare danni irreparabili alla convivenza civile negli Usa, oltre a un probabile tracollo di Wall Street e, a stretto giro, di gran parte delle Borse mondiali. Invece l’atto terroristico – che ha purtroppo causato la morte di una persona – non ha avuto conseguenze sull’ordine pubblico americano. E le Borse si sono adeguate, mantenendo l’andamento normale.

Commissione, l’ora della verità

Ora, come detto, è la volta della votazione su Ursula von der Leyen e la sua Commissione. Mentre stiamo scrivendo sono in corso febbrili consultazioni tra la presidente uscente e incaricata e le forze politiche: la maggioranza sbanda a destra e a sinistra, da un lato cercando di accaparrarsi il sostegno (o almeno la neutralità) delle forze conservatrici, dall’altro di incassare la fiducia dei verdi. Si pensa, insomma, a blindare il voto mettendo insieme una maggioranza-ratatouille, che però non promette di cambiare le procedure lente e obsolete delle macchinose istituzioni europee. La cui trasformazione sarebbe invece necessaria. L’Unione non farà passi avanti se rifiuterà di rivedere i vecchi principi di governance ancorati al passato (a cominciare dal patto di stabilità) che hanno contribuito al rallentamento economico dell’Europa rispetto alle altre macroaree del mondo. A causa della sua lentezza decisionale e scarsa reattività, il nostro continente è diventato un lento burosauro, e ha accumulato ritardi su ritardi, un po’ come il “gruppetto” dei velocisti sulle montagne hors categorie del Tour de France. Forse le cose potrebbero cambiare in caso di trasformazione radicale della maggioranza, ma questo è poco probabile: Ursula von der Leyen riceverà quasi sicuramente luce verde dall’emiciclo continentale, proseguendo le sue politiche economiche elitarie e poco attente alle esigenze del tessuto economico e produttivo.

Non succede. Ma se succede…

Se il programma della prossima Commissione dovesse ricalcare quello dei cinque anni precedenti, non sarebbe una passeggiata né per le aziende, né per i cittadini europei. Ma che cosa succederebbe se i franchi tiratori affossassero la commissione von der Leyen bis obbligando gli Stati membri dell’Unione a trovarsi un nuovo esecutivo? A lungo termine un’opportunità di sviluppo per l’economia reale, ma sul breve un probabile contraccolpo sulle Borse Ue, specialmente nei titoli bancari e finanziari. Quindi, per gli investitori può rivelarsi una scelta lungimirante stare fermi fino a votazione avvenuta e, in caso di bocciatura, investire sui titoli che dovessero subire un arretramento sostanzioso.

Bce, a quando il nuovo taglio?

Meno tensioni sulla riunione Bce, anch’essa prevista per domani e foriera di ben poche sorprese. L’approccio sussiegoso della banca centrale è cosa nota: è vero che, nel meeting che si è tenuto gli scorsi 4 e 5 giugno, solo un consigliere si era opposto apertamente al taglio dei tassi, poi regolarmente deliberato; tuttavia, è altrettanto sicuro che la maggioranza del board non ha abbandonato una posizione di estrema cautela sulla materia. Vale a dire, domani non cambierà nulla, come ha anche previsto il campione di 85 economisti scelto da Reuters per un sondaggio. L’80% del panel è comunque convinto che a settembre e dicembre la Bce interverrà due volte verso il basso, attestando il valore di riferimento a 3,25%. Sembra più probabile, tuttavia, che l’Eurotower scelga ottobre, invece che settembre, per riavviare il processo di ammorbidimento creditizio; in ogni caso, i mercati stanno già scontando la sforbiciata di fine anno. A chiedere a gran voce un intervento è anche l’economia: la finanza procede bene, ma la manifattura europea continua a ristagnare (la produzione industriale italiana, per esempio, è in decremento del 3,3% annuo, nonostante un +0,5% a maggio), e un intervento sui tassi porterebbe sollievo a molte famiglie indebitate che non ce la fanno davvero più. Questi appelli, sempre più pressanti, non possono essere ignorati.

Rallenta l’inflazione Usa

Anche la Fed potrebbe essere della partita. Il rallentamento dell’inflazione statunitense, con i prezzi di giugno saliti del 3% invece che del 3,1% previsto (contro il +3,3% a maggio), sta infatti aprendo qualche spazio in questa direzione. Gli americani ritengono legittimo aspettarsi che la pur leggera frenata degli aumenti dei prezzi sia in grado di convincere i banchieri centrali a una riflessione sul costo del denaro. E a considerare una piccola sforbiciata, che potrà avvenire a condizione che il raffreddamento dell’inflazione emerga anche dai numeri di luglio e agosto. I dati sull’inflazione americana hanno causato anche un calo del dollaro, portando il rapporto tra l’euro e il biglietto verde a quota 1,09. Troppo poco, però, per gridare al crollo: fino a quando il valore della valuta americana non andrà a superare gli 1,10 euro, il trend non si muoverà dal normale range. A cedere è invece lo yen, che continua a svalutarsi anche a causa dei tassi a zero giapponesi.

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