Flessione dei mercati: ritracciamento o ritorno dell'Orso?

Le Borse europee hanno archiviato settembre in decisa sofferenza, aprendo ottobre nello stesso modo. Ma occorre aspettare qualche giorno per comprendere se – a un anno dal grande rimbalzo del 2022-23 – siamo di fronte a un semplice calo fisiologico o a un trend negativo. Intanto, il rischio (scongiurato) di uno shutdown americano e la maggiore probabilità di un nuovo rialzo dei tassi Fed provocano un sell off delle obbligazioni

Il punto settimanale di Carlo Vedani - AD di Alicanto Capital SGR - sulla situazione dei mercati finanziari.

Il settembre delle Borse europee si è chiuso male e l'apertura del mese di ottobre ha confermato il trend al ribasso. Con una costante: sia venerdì, sia lunedì sera Piazza Affari è stata maglia nera continentale, con cali di oltre l'1% a seduta. Solo il ribasso del petrolio, sorprendentemente sceso sotto i 90 dollari al barile, ha dato un po' di fiato agli investitori, anche se il graduale arretramento dell'euro nei confronti del biglietto verde può attutirne gli effetti.

I motivi della flessione

Siamo dunque arrivati al pronosticato e temuto trend negativo? Non è ancora detto. Finora è più corretto parlare di ritracciamento, di listini europei che stanno arrancando: nei prossimi giorni si vedrà se siamo di fronte a un mercato Orso di lungo termine o a un calo fisiologico temporaneo. In qualsiasi caso, tuttavia, le cause dello stop, sono già abbastanza chiare. Prima di tutto la stagionalità: come ricordato più volte, l'autunno è il periodo in cui le Borse solitamente rifiatano e si riposizionano verso il basso. Ha fatto eccezione l'anno scorso, con l'inversione di tendenza e il lungo rimbalzo partiti proprio il 6 di ottobre; tuttavia, la riscossa dei mercati è giunta, quasi fisiologica, dopo un lungo e drammatico trend in discesa. Altra causa, la natura dei listini europei, differenti da quelli americani: i primi sono mercati di flussi, molto sensibili alla recessione, i secondi di investitori. Naturalmente, ha influito anche la crisi immobiliare cinese, soprattutto in una situazione in cui Pechino è uno sbocco molto forte per l'economia tedesca. Economia che traina l'Europa e che è già in recessione da inizio anno, provocando (proprio per la già menzionata natura delle Borse continentali) un graduale ritiro da parte degli investitori. Senza parlare della guerra russo-ucraina, di cui non si vede la fine, e della consapevolezza, da parte degli investitori, che la situazione delle economie mondiali è peggiore rispetto a quanto riportano i giornali.

Powell torna falco

Last, but not least la politica monetaria di Banca Centrale Europea e Federal Reserve; quest'ultima, ritenuta ormai vicina a fermare l'aumento dei tassi, è tornata sui suoi passi: il suo presidente Jerome Powell ha delineato un futuro “lacrime e sangue”, portando la sua popolarità ai minimi dai tempi della prima emergenza Covid: non per niente, i suoi incontri con gli imprenditori americani sono sempre più difficili e controversi. In un confronto con rappresentanti delle aziende e della società civile a York (Pennsylvania), per esempio, il presidente della banca centrale americana ha evitato accuratamente di parlare delle strategie monetarie o degli scenari dell'economia, limitandosi a ricordare che le conseguenze economiche causate dalla pandemia non sono ancora state del tutto risolte. A parlare di tassi ci ha però pensato Michelle Bowman, influente consigliera della Fed, che ha sottolineato la necessità di alzare nuovamente il costo del denaro, per raggiungere il “mantra” del 2% di inflazione.

Shutdown scongiurato

Intanto però l'economia americana sembra ben più resiliente rispetto a quella europea. La convivenza tra due macrotrend in apparente dicotomia (la stretta monetaria e le condizioni economiche ancora buone) ha spinto in alto il dollaro, che come già detto, prosegue ad avanzare sull'euro, e ancora di più sullo yen, anche se sembra difficile che la banca centrale giapponese cambi la sua strategia ormai tradizionale di tassi in territorio negativo – soprattutto perché l'inflazione nipponica non è più alta rispetto a quelle di Europa e Stati Uniti. Sicuramente, a dare forza al biglietto verde ha contribuito anche il rischio shutdown, che paradossalmente ha convinto gli investitori a cercare rifugio proprio nella valuta americana. Il blocco delle attività amministrative è poi stato scongiurato da un accordo che ha costretto l'amministrazione democratica a rinunciare a finanziare l'Ucraina per 6,2 miliardi di dollari di aiuti. Il compromesso con i repubblicani moderati ha tuttavia causato un sell off di obbligazioni (prima negli Usa, poi a livello mondiale) proprio perché l'intesa anti-shutdown ha reso più probabili nuovi rialzi ai tassi Fed. Per i bond, dunque, siamo molto vicini ai massimi di rendimento, che quest'anno sarà prossimo allo zero.

Gas russo, qualcosa si muove

Novità sul fronte del gas russo: la Commissione Europea ha consigliato di eliminare il divieto permanente di importazione da Mosca proposto dal Parlamento Ue. Meglio, secondo l'esecutivo dell'Unione, concedere semplicemente ai singoli Stati membri l'opportunità di introdurre un divieto provvisorio di import da Russia e Bielorussia nel caso in cui se ne presentasse l'esigenza per motivi di sicurezza nazionale. La nuova posizione della Commissione Europea arriva proprio nei giorni in cui – oltre alla già citata revoca della tranche di aiuti americani all'Ucraina – le elezioni slovacche hanno visto la vittoria della sinistra di Robert Fico, contrario a fornire nuove armi a Kiev.

Mercati a un bivio?

In che modo comportarsi nell'agone borsistico in questo periodo di incertezza? Difficile dirlo. Nel dubbio, la soluzione migliore sembra ancora l'attesa. La situazione non è ancora emergenziale e il momento di comprare non sembra ancora giunto. Prima di muoversi in forze, è forse saggio attendere l'eventuale calo del mercato americano. Nel corso di questi due mesi sembra possibile un'erosione del 4%-5%: se ciò dovesse accadere, c'è da sperare che l'arretramento sia veloce, piuttosto che lento, graduale e snervante. Occorrerà anche considerare le tensioni sullo spread italiano, alimentate dalle paure crescenti (e le pressioni) sui conti pubblici italiani e già anticipate dalle previsioni delle grandi banche d'affari

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