I tassi sempre più su
Le speranze di uno stop alla stretta monetaria sono state vanificate dai nuovi rialzi decisi dalla Banca Centrale Europea. “Ora non possiamo dire di essere al picco”, ha dichiarato apertamente la presidente Christine Lagarde, ma la recessione dilagante fa pensare che alla prossima riunione si deciderà la fine degli aumenti o almeno uno stop.
Il punto settimanale di Carlo Vedani - AD di Alicanto Capital SGR - sulla situazione dei mercati finanziari.
Il nodo è stato sciolto: la Banca Centrale Europea ha nuovamente alzato (con decisione non unanime) i tassi di interesse degli ormai consueti 25 punti, segnando il decimo aumento consecutivo e stabilendo il record del 4,50%. Vane tutte le speranze in senso contrario: la maggioranza dei “falchi”, lungi dall’assottigliarsi in maniera determinante, ha nuovamente tirato fuori gli artigli. E questo nonostante la Germania sia già in recessione. Il motivo del rialzo è sempre lo stesso: “l’inflazione”, ha detto Christine Lagarde, presidente della Bce, “continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”. Il solito mantra è l’obiettivo del “2% nel medio termine”. La presidente Bce non ha escluso una pausa, ma ha lasciato le porte aperte anche a un nuovo rialzo: “ora non possiamo dire di essere al picco dei tassi", come dichiarato senza mezzi termini, rispondendo a una domanda in conferenza stampa.
Crescono i malumori
La decisione della Banca Centrale Europea ha lasciato scontenti molti esponenti del mondo economico e politico. Tra gli addetti ai lavori sta girando una battuta sarcastica: “la Bce ha rivisto al ribasso le previsioni sull'economia e per essere sicura di centrare le previsioni ha alzato ancora i tassi”. Scherzi a parte, il consiglio dell'istituto centrale è composto da persone competenti: per questo motivo, è più che lecito chiedersi perché, pur conoscendo bene la stagnazione attuale dell'economia europea, prosegua imperterrito ad avvitare i bulloni della stretta monetaria. La prosecuzione dei rialzi mette in difficoltà tutti i paesi, in particolare quelli più indebitati, creando nuovi rischi di tenuta (e, forse, persino di sopravvivenza) per l'euro. All'Italia, in particolare, la stretta monetaria costerà 12 miliardi nel 2023, e 18 l'anno prossimo. Grandi società internazionali, come Goldman Sachs e Morgan Stanley, iniziano già a prevedere una salita dello spread, resa ancora più probabile dallo stop all'acquisto di titoli di stato italiani da parte della Bce.
Tassa sulla povertà
Oltre a questo, gli interessi alti sono anche una tassa sulla povertà: i più abbienti possono permettersi di investire il loro denaro ricevendo interessi sicuri da conti deposito, titoli di stato o obbligazioni, mentre quelli con difficoltà economiche non ne hanno l'opportunità. In compenso, questi ultimi devono fronteggiare un'inflazione sferzante, acuita dal recente rialzo del petrolio. Il greggio, anche per l'accordo tra Russia e Arabia Saudita in ambito Opec+, sta ormai galoppando verso quota 100, portando nuovi aumenti su molti prodotti al dettaglio, oltre che sul costo dei trasporti su gomma. E mettendo a serio rischio-crollo la produzione industriale europea. Nonostante i dieci rialzi consecutivi dei tassi, l'euro flette sul biglietto verde. L'incremento del valore del dollaro sulla nostra moneta dipende anche dalla crescita della ricchezza di famiglie e privati americani, nonostante l'esplosione del debito che ha recentemente portato al rischio di blocco di tutte le attività pubbliche. In aggiunta, gli Usa possono sopravvivere con il solo mercato interno, dispongono di materie prime e battono la valuta di riferimento per il mercato mondiale. Un vantaggio non da ridere, anche in presenza di un debito molto alto.
Forse non sarà domani. O forse sì
Considerata la posizione di Christine Lagarde e l'insistenza del consiglio su una linea incapace di cambiare strategie in corsa, è lecito domandarsi quando la Banca Centrale avrà il coraggio di invertire la marcia. Tutto è possibile, soprattutto esaminando la rigidità dei “falchi”. Tuttavia, è sensato pensare che questo aumento dovrebbe essere l'ultimo. O, almeno, che la Bce segua l'esempio della Fed e conceda un po' di respiro all'economia, optando per una pausa. Le pressioni in questo senso sono sempre più frequenti. Non per niente, rumours ricorrenti parlano di un ritorno di Mario Draghi in un ruolo europeo. L'ex presidente Bce, ricordiamolo, è l'uomo del whatever it takes, strategia del tutto opposta a quella attuale, che sembra disinteressata ai paesi con debito pubblico alto e, di riflesso, ai destini dell'euro.
Patto di stabilità: l'urgenza di una riforma
La crisi che morde rende oltremodo necessario che le trattative per la riforma del Patto di Stabilità vadano avanti spedite, accantonando le rigidità degli anni passati. I paesi membri dell'Ue hanno espresso il proposito di cambiare le regole entro fine anno, mentre gli ottimisti sperano di chiudere la partita già a fine ottobre (“il 70% del testo della nuova regolamentazione è più meno accordato”, ha detto Nadia Calviño, ministro dell'Economia e dell'Industria del governo spagnolo). Tutti sembrano voler evitare il ritorno alle vecchie regole, che con l'economia in recessione, l'inflazione e i paesi indebitati a rischio potrebbero avere conseguenze devastanti. E anche influire sulle elezioni europee, aprendo a uno scenario che sicuramente non piace agli attuali membri della Commissione.
Sorpresa Borse
In tutta questa situazione come hanno reagito le Borse? Sorprendentemente bene. Nonostante il rialzo dei tassi, infatti, i listini europei sono saliti; in particolare, Piazza Affari ha chiuso la scorsa settimana con una crescita di oltre il 2%. La riapertura di lunedì scorso ha poi evidenziato un arretramento, ma i mercati tutto sommato tengono, anche se quelli americani sembrano attualmente più resistenti. In ogni caso - nonostante la recessione, la scarsità di idee che emerge in questo periodo e l'atavica tendenza all'arretramento di settembre e ottobre - il mercato sembra non aver voglia di scendere. A questi prezzi, è quindi consigliato mantenere le posizioni, puntando soprattutto sui petroliferi come titoli difensivi, su qualche farmaceutico e ancora sulle banche. Il motto è: non mettere e non togliere: al limite, spostare, ma non di molto.Dal lato obbligazionario sono invece interessanti, nonostante il rialzo dei tassi, i bond a cinque anni di durata, che restituiscono più dell'inflazione attesa.
Euro digitale
Nel mentre, la Commissione Europea sta preparando l'introduzione dell'euro digitale, che non è altro che la versione virtuale dei contanti, garantita dall'Eurotower e scambiabile con il cash a valore nominale, senza commissioni (il che lo differenzia dalle carte di pagamento). Il progetto, che potrebbe essere operativo entro cinque anni, divide le banche europee, ma è talmente sentito da convincere la Bce a nominare, come membro italiano proprio un superesperto in valuta digitale, Pietro Cipollone, al posto di Fabio Panetta, che dal prossimo 1 novembre si insedierà a Palazzo Koch come governatore della Banca d'Italia. Il progetto non è una grande rivoluzione, avendo comunque dinamiche simili a quelli delle carte di pagamento; tuttavia c'è spazio anche per preoccupazioni legate alla privacy dei dati e alla possibilità, da parte delle autorità, di controllare i comportamenti dei cittadini o addirittura di bloccare la possibilità di utilizzare il denaro. Certamente, l'euro digitale è un alleato per prevenire le frodi, ma a condizione che si eviti la perdita di libertà e di privacy per i cittadini.
Foto di Ihor Malytskyi su Unsplash

